Il rischio del consumo di droghe da parte delle giovani generazioni può essere aggravato da alcuni aspetti educativi.
Un livello di tolleranza maggiore verso il consumo di droghe da parte dei genitori può portare ad un più facile accesso da parte dei figli. Inoltre negli ultimi anni sempre più personaggi pubblici fanno uso di droghe e apostrofano la cosa come “normale”quando si è giovani. La cultura dell’esagerazione ad ogni costo, unita ad una maggiore tolleranza da parte dei genitori ha portato ad un innalzamento del consumo di droghe.
Uno studio in particolare ha mostrato come questo avvenga nei confronti di alcol e marijuana.
La dottoressa Marina Epstein e colleghi dell’Università di Washington (https://www.washington.edu/ ) e dell’Università del Colorado Boulder(https://www.colorado.edu/ ) hanno seguito 426 famiglie con figli tra i 6 e i 21 anni dal 2002 al 2018.
I genitori che hanno partecipato sono stati suddivisi in 4 categorie:
Non utilizzatori
Con modello adolescenziale limitato ( dove l’uso di marijuana si è interrotto prima dei 20 anni)
Consumatori cronici
Consumatori ad esordio tardivo
I figli di genitori con uso cronico o limitato avevano una probabilità da 2,5 a 4,4 volte maggiore di usare marijuana e da 1,8 a 2,75 maggiore di consumare alcol.
I figli di consumatori cronici erano anche un po’ più propensi a usare le sigarette, riferire opinioni più favorevoli sulla marijuana e ad avere risultati scolastici inferiori.
È evidente che all’interno di queste famiglie l’uso di sostanze viene considerato come accettabile e ciò influenza l’approccio alle sostanze dei figli. Il problema importante e reale che non sembra essere preso in considerazione da queste famiglie è la possibilità che di fronte a gravi traumi o importanti stress della vita, avendo un facile e normale accesso alle sostanze i figli possano reagire in maniera tossica perdendo il limite gestionale che i genitori credono di avere sulla sostanza. Va inoltre sempre sottolineato che per una persona che sviluppa dipendenza patologica (malattia riconosciuta come tale dal nostro Sistema Sanitario Nazionale) il problema non è in se la sostanza, ma la dipendenza, ovvero per chi è affetto dalla patologia è più facile passare da una sostanza all’altra purché sortisca i suoi effetti. Un genitore dovrebbe essere consapevole di non poter controllare l’eventuale sviluppo di una patologia nel figlio e di conseguenza sarebbe davvero molto importante tutelare i figli da qualsiasi atteggiamento autodistruttivo, nel limite delle proprie possibilità.

Psicologa cognitivo comportamentale, laureata all’Università degli Studi di Torino nel 2007. Affiancata dalla scuola di Psicoterapia Cognitiva APC di Verona (in corso di completamento).
Si occupa di dipendenze patologiche e new addictions dal 2009. Ha lavorato con i disturbi del comportamento alimentare; in comunità terapeutico riabilitativa per tossicodipendenti, nello specifico si è occupata di dipendenza da sostanze psicoattive, gioco d’azzardo e alcolismo.
Oggi con il Ce.B.S. onlus si occupa di gruppi di sostegno alle famiglie dei dipendenti patologici e tiene corsi di prevenzione dalle dipendenze e dalle new addictions.
Svolge attività clinica come terapeuta individuale in studio privato a Brescia e a Poncarale.