La negazione gioca un ruolo importante nella dipendenza.
Quando un individuo dice «smetto quando voglio» ne è già pienamente immerso, infatti, gli altri o hanno già smesso o non hanno mai cominciato.
«Smetto quando voglio» è l’inizio della negazione della dipendenza patologica, in primo luogo con se stessi.
I dipendenti patologici sono notoriamente inclini a negare. La negazione spiega perché l’uso di droghe ( o il gioco d’azzardo patologico) persiste di fronte a conseguenze negative .
I dipendenti patologici pagano l’abuso di droghe e gioco con il loro lavoro, la loro salute o la loro famiglia e molti altri danni più o meno importanti.
Se rimangono all’oscuro delle conseguenze negative delle loro azioni, allora queste conseguenze non possono intromettersi o disturbare il loro processo decisionale, ne possono pesare in termini di responsabilità delle scelte.
La negazione è fondamentalmente un meccanismo di difesa . Cioè, gli individui con disturbi di abuso di sostanza o gioco usano la negazione per impedire che emozioni minacciose entrino nel loro pensiero cosciente.
Mancando la capacità di far fronte agli stati negativi, erigeranno potenti, a volte intransigenti, difese in uno sforzo disperato di evitamento degli stessi.
Mantenere i sentimenti inaccettabili fuori dalla consapevolezza porta allo sviluppo di un «falso sé», grandioso e funzionante. Il prezzo per questa protezione è l’incapacità di cercare aiuto.
La dipendenza può anche essere una fonte di terribile vergogna, auto-odio e bassa autostima.
Per un dipendente patologico, può essere terrificante riconoscere il danno che ha causato a se stesso e alle persone care, primi tra tutti i famigliari.
Quando sono alterati le paure di inadeguatezza e indegnità svaniscono lasciando il posto al falso sé.
Per poter ammettere e mettere mano alle conseguenze negative è necessario interrompere il comportamento di abuso, ma questo passaggio impone all’individuo di affrontare angosce e paure.
La negazione, quindi, protegge una persona da questa esperienza negativa negando la realtà della propria situazione, quando ciò provocherebbe dolore psicologico e sofferenza.
Alcuni studi hanno dimostrato che i tossicodipendenti di lungo corso mancano delle conoscenze sulle conseguenze negative non solo per negazione, ma a causa della compromissione dei meccanismi della perspicacia e dell’auto-consapevolezza .
È stato riconosciuto che l’abuso cronico di droga, infatti, è associato a una ridotta consapevolezza di sé, che si manifesta come negazione della gravità della dipendenza e del bisogno di trattamento.
Un ulteriore problema relativo alla consapevolezza della situazione patologica riguarda il fatto che i tossicodipendenti non hanno preoccupazioni rispetto al futuro; sono temporalmente miopi. Vivono come se fossero eternamente giovani ed avessero tutto il tempo del quale hanno bisogno per smettere l’uso e recuperare la loro vita. I benefici del consumo di droga, infatti, possono essere chiari e immediati, il famoso tutto e subito, mentre i costi sono in genere ritardati e incerti.
L’ansia associata al pensare alle conseguenze può in alcune circostanze indurre i tossicodipendenti a reprimere o negare le informazioni sulla dipendenza.
La negazione contribuisce quindi a sollevare dall’ansia.
L’acquisizione della conoscenza causale delle conseguenze negative dell’uso di droghe è considerata un passo importante nel percorso di recupero.
Non a caso il primo passo di Alcolisti Anonimi è ammettere di avere un problema e iniziare a cercare aiuto. Dal momento che le persone usano la negazione per proteggersi dal dolore psicologico, il tossicodipendente deve essere dotato di nuovi strumenti per affrontare efficacemente quel dolore.

Psicologa cognitivo comportamentale, laureata all’Università degli Studi di Torino nel 2007. Affiancata dalla scuola di Psicoterapia Cognitiva APC di Verona (in corso di completamento).
Si occupa di dipendenze patologiche e new addictions dal 2009. Ha lavorato con i disturbi del comportamento alimentare; in comunità terapeutico riabilitativa per tossicodipendenti, nello specifico si è occupata di dipendenza da sostanze psicoattive, gioco d’azzardo e alcolismo.
Oggi con il Ce.B.S. onlus si occupa di gruppi di sostegno alle famiglie dei dipendenti patologici e tiene corsi di prevenzione dalle dipendenze e dalle new addictions.
Svolge attività clinica come terapeuta individuale in studio privato a Brescia e a Poncarale.